03. I diversi punti di vista sul tema e sui provvedimenti

I diversi punti di vista sul tema e sui provvedimenti

I difensori dei diritti dei pedoni e dei gruppi ambientalisti hanno criticato pesantemente i provvedimenti che - paradossalmente - puntano a risolvere il problema del pericolo posto dal traffico a motore imponendo restrizioni agli utenti vulnerabili.

Essi sostengono che questo approccio incolpi le vittime, senza invece affrontare la fonte del problema. Questo viene discusso in gran dettaglio da Robert Davis nel libro (EN) Death on the Streets: Cars and the mythology of road safety (Morte sulle Strade: Auto e la mitologia della sicurezza stradale), nei libri di John Adams, Mayer Hillman ed in altri testi.

In questi libri si afferma che il problema della sicurezza stradale sia stato posto partendo da punti di vista sbagliati, visto che la maggior parte di queste misure sono disegnate per aumentare la sicurezza dei guidatori, a prescindere del fatto che molte delle morti per incidenti di transito non sono affatto guidatori, e che le misure che aumentano la sicurezza del guidatore possono spesso aumentare il rischio nei confronti di altri.

Questi fattori sono valutabili tramite i calcoli intuitivi e l'atteggiamento psicologico detto compensazione del rischio.

Gli elementi fondamentali di queste tesi sono:

  • gli utenti vulnerabili della strada vengono spesso emarginati dal cosiddetto "establishment" della "sicurezza stradale";
  • gli interventi di "sicurezza stradale" sono troppo spesso centrati nel ridurre la severità dei danni risultanti da comportamenti pericolosi (come l'alta velocità), piuttosto che l'agire in maniera energica per ridurre questi comportamenti;
  • le migliorie alla "sicurezza stradale" sono spesso state raggiunte con costosi interventi che hanno reso le strade ostili ai non motorizzati (p.es le autostrade, chiuse a motorini e pedoni), in modo che quelli che più probabilmente potevano essere feriti non vi possono transitare e ne beneficiano soltanto indirettamente;
  • la crescente "sicurezza" delle automobili e delle strade viene spesso contrastata totalmente o in parte dall'atteggiamento del guidatore, che tende ad aumentare la velocità oppure ad ignorare i principi della guida sicura, meccanismo noto come compensazione psicologica del rischio.

I pedoni in particolare sono spesso riluttanti ad utilizzare passaggi separati che comportino allungamenti del percorso o sforzi maggiori (e.g. ponti pedonali), o che li fanno sentire a maggior rischio (i sottopassaggi, spesso sporchi, sono un nascondiglio per delinquenti).

I difensori dei pedoni mettono in dubbio l'equità del ridurre il rischio posto ai pedoni dai guidatori, servendosi di meccanismi che richiedono il principale sacrificio e sforzo alle vittime.

Le associazioni dei guidatori di autoveicoli e le organizzazioni che fanno campagne sulla sicurezza stradale come la Association of British Drivers e Safe Speed nel R.U. argomentano che la stretta applicazione e vigilanza del limite di velocità non comporta necessariamente una guida più sicura, ed anzi potrebbe avere un impatto negativo sulla sicurezza stradale in generale.

Queste affermazioni non sono sostenute da evidenze statistiche studiate da giudici imparziali.

Molti sostengono inoltre che i dossi stradali, obbligando a continue frenate ed accelerazioni, provocano un maggiore consumo di carburante, aumento dell'inquinamento dell'aria, rumori inutili, e addirittura continui piccoli danni a pneumatici, ruote e sospensioni dei veicoli.

Sempre riguardo ai dossi o comunque ai dispositivi rallentatori va sottolineato che le più recenti normative sull'illuminazione stradale UNI 11248 ed UNI EN 13201 richiedono per dette aree una illuminazione specifica.

 

Studio retrospettivo: la sicurezza dei pedoni nel Regno Unito

Le autorità istituzionali della "sicurezza stradale" del Regno Unito affermano che il R.U. ha statistiche di sicurezza per i pedoni tra le migliori in Europa, se misurate come rapporto pedoni uccisi o feriti gravemente rispetto al numero di abitanti.

È stato obiettato che questo valore sarebbe basso anche se le strade fossero considerate così pericolose da dissuadere i pedoni dal percorrerle (riducendo il numero di km/anno percorsi a piedi dalle persone).

Un modo di sottoporre a prova questa ipotesi sarebbe il comparare le percentuali di rischio per quegli utenti che hanno opzioni di trasporto piuttosto limitate, come i bambini e gli anziani.

Hillman ed altri lo hanno fatto ed hanno scoperto che:

  • le percentuali di sicurezza per i pedoni-bambini britannici sono peggiori rispetto a quelle della media europea, in contrasto ai numeri disponibili per la media costituita da pedoni di tutte le età (U.K. Department for Transport);
  • la mobilità indipendente dei bambini viene sempre di più vincolata e limitata, e le famiglie intervistate citano la paura degli incidenti di transito come la causa dominante (Hillman, Adams, Whitelegg);
  • le distanze medie camminate sono diminuite di più rispetto ad altri paesi europei;
  • osservazioni simili (anche se meno circostanziate) possono essere fatte riguardo agli anziani.

Dunque esiste una certa evidenza che può sostenere la discussa affermazione che le strade britanniche non siano poi così sicure, ma che semplicemente le persone ed i mezzi più vulnerabili sono indotti ad evitare di percorrerle.