HSG Educazione Ambientale

Il contest tematico sul'Educazione Ambientale per gli studenti delle scuole superiori italiane

Categoria: Educational
Adatto a: Studenti delle Scuole
Inizio: 18/03/2024 Fine: 24/03/2024

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02. La biodiversità

La biodiversità

La biodiversità è stata definita dalla Convenzione sulla diversità biologica (CBD) come la variabilità di tutti gli organismi viventi inclusi negli ecosistemi acquatici, terrestri e marini e nei complessi ecologici di cui essi sono parte. Le interazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente fisico danno luogo a relazioni funzionali che caratterizzano i diversi ecosistemi garantendo la loro resilienza, il loro mantenimento in un buono stato di conservazione e la fornitura dei cosiddetti servizi ecosistemici.

La storia geologica, biogeografia e culturale dell’Italia, nonché la posizione centrale nel Bacino del Mediterraneo (uno dei 33 hotspot di biodiversità a livello mondiale) hanno determinato le condizioni per lo sviluppo di un patrimonio di specie tra i più significativi a livello europeo sia per il numero totale, sia per l’alto tasso di endemismo. Rispetto al totale di specie presenti in Europa, in Italia si contano oltre il 30% di specie animali e quasi il 50% di quelle vegetali, il tutto su una superficie di circa 1/30 di quella del continente.

Più in dettaglio: la fauna è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di Invertebrati (95%), 1812 di Protozoi (3%) e 1265 di Vertebrati (2%), con un’incidenza complessiva di specie endemiche pari a circa il 30%. La flora è costituita da oltre 6.700 specie di piante vascolari (di cui il 15% endemiche), 851 di Muschi e 279 Epatiche. Per quanto riguarda i Funghi, sono conosciute circa 20.000 specie di Macromiceti e Mixomiceti, funghi visibili a occhio nudo.

Poiché molti organismi ed habitat sono seriamente a rischio di estinzione a causa delle pressioni di origine antropica, è necessario adottare delle misure di protezione al fine di arrestare questa perdita irreversibile. La salvaguardia della biodiversità richiede uno sforzo dall’intera società in quanto le risorse naturali devono essere usate in modo sostenibile.

Per garantire una reale integrazione tra gli obiettivi di sviluppo del Paese e la tutela del suo inestimabile patrimonio di biodiversità, il Ministero dell’Ambiente ha predisposto nel 2010 la Strategia Nazionale per la Biodiversità, di cui nel 2016 è stata prodotta la Revisione Intermedia della Strategia fino al 2020.

Nel quadro di riferimento costituito dalla Strategia Nazionale, la Direzione per la Protezione della Natura e del Mare (DPNM) persegue l'obiettivo di tutela della biodiversità attraverso l’attuazione di convenzioni, accordi e protocolli internazionali, la produzione di pubblicazioni e banche dati riguardanti il patrimonio naturale nazionale e l'elaborazione di Piani d’azione, Linee Guida e atti di indirizzo per la conservazione di specie ed habitat.

I servizi ecosistemici e gli stock di risorse che la natura fornisce costituiscono dunque il nostro capitale naturale, tanto indispensabile al nostro benessere, quanto il suo valore spesso viene non considerato o sottovalutato.

Il Ministero è impegnato nella valorizzazione del capitale naturale attraverso attività volte a:

- promuoverne e migliorarne le conoscenze;

- fornire strumenti e indicazioni per la valutazione e contabilizzazione del Capitale Naturale;

- promuovere e favorire l’integrazione dei valori del Capitale Naturale e Culturale, degli ecosistemi ed i loro servizi nelle politiche di settore, nelle strategie, nella pianificazione, nella gestione e nell’operato di attori pubblici e privati;

- aumentare la consapevolezza delle importanti sinergie tra i Capitali Naturale e Culturale, anche attraverso l’implementazione della Carta di Roma sul Capitale Naturale e Culturale.

 

Approfondimenti sulla biodiversità 

La diversità biologica o biodiversità in ecologia è la varietà di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e nei rispettivi ecosistemi. Essa comprende l'intera variabilità biologica: di geni, specie, nicchie ecologiche ed ecosistemi. Le risorse genetiche sono considerate la componente determinante della biodiversità all'interno di una singola specie. 

Le specie descritte dalla scienza sono in totale circa 1,75 milioni, mentre il valore di quelle stimate oscilla da 3,63 a più di 111 milioni. Tuttavia queste stesse stime risultano incomplete, in quanto nuove specie vengono scoperte e aggiunte continuamente al totale generale. L'estinzione di specie è la minaccia della biodiversità. 

Secondo il Glossario Dinamico ISPRA-CATAP, per biodiversità entro un determinato ambiente si intende la varietà di organismi viventi in esso presenti. Può essere descritta in termini di geni, specie ed ecosistemi. 

L'anno 2010 è stato dichiarato dall'ONU l'Anno internazionale della biodiversità. Il decennio 2011-2020 è stato dichiarato Decennio della Biodiversità.


Significato del termine biodiversità 

Il termine biodiversità deriva dal greco bios che significa vita, e dal latino diversitas che significa differenza o diversità. Come traduzione alternativa si potrebbe proporre biovarietà o varietà della vita presente sul pianeta. Il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali.

 

Livelli di biodiversità 

Si considerano tre distinti livelli di biodiversità: 

  • diversità genetica, la somma complessiva del patrimonio genetico degli esseri viventi che abitano il pianeta;
  • diversità di specie, che indica l'abbondanza e la diversità tassonomica di specie presenti per la terra, decine di milioni delle quali solo una minima frazione è stata classificata in letteratura scientifica;
  • diversità di ecosistemi, con cui si indica l'insieme di tutti gli ambienti naturali presenti sul nostro pianeta.

La biodiversità non è un valore fisso e stabile, ad esempio in un dato ambiente la biodiversità delle specie presenti può aumentare o diminuire nel tempo a causa di diversi fattori che possono essere di carattere naturale e/o antropico.


Valore della biodiversità: dal punto di vista della vita dell'uomo 

La biodiversità ha influenze anche nelle produzioni agrarie dell'uomo. 

È grazie alle biodiversità presenti in paesi diversi, più spesso di una piccola regione, che risulta possibile avere delle produzioni con delle caratteristiche specifiche. Alcuni esempi pratici possono essere: 

  • La diversità genetica dell'uva determina le differenze fra i vari vitigni che rendono possibile avere diversi tipi di vino;
  • La specificità genetica dei microrganismi di alcune grotte determina il sapore specifico di alcuni formaggi (ad es. il gorgonzola);
  • La diversità genetica dei diversi ceppi di lieviti determina tra l'altro il diverso sapore dei prodotti lievitati o fermentati (ad es. birra, pane e pizza, yogurt etc.);
  • Le diverse caratteristiche biologiche che consentono agli alberi di adattarsi alle varie condizioni climatiche determinano le caratteristiche specifiche dei vari legni per cui alcuni legni sono maggiormente usati in edilizia, altri nell'industria mobiliera o nella liuteria, nell'aeromodellismo, nelle costruzioni navali, come legna da ardere etc.;
  • Le diverse caratteristiche biologiche che consentono alle foglie o ai fusti di alcune piante di adattarsi alle varie condizioni climatiche ne determinano la possibilità di utilizzo come fibre tessili (ad esempio le diverse qualità di cotone, lino);
  • Le diverse caratteristiche biologiche che consentono agli ovini, ai conigli, alle oche e a molti altri animali di difendersi dal freddo determinano le diverse varietà di lane o altri tessuti da noi utilizzati (ad esempio lambswool, merino, angora, alpaca, cammello, cashmere, seta, piumino d'oca etc.);
  • La diversità ecologica e paesaggistica orienta le nostre scelte turistiche;

 Di conseguenza esistono vari e importanti motivi per mantenere un'elevata biodiversità sia a livello nazionale che locale. La perdita di specie, sottospecie o varietà comporta infatti una serie di danni. Questi possono raggrupparsi come: 

  • ecologico, perché comporta un degrado della funzionalità degli ecosistemi;
  • culturale, perché si perdono conoscenze e tradizioni umane legate alla biodiversità;
  • economico, perché riduce le risorse genetiche con il loro potenziale sfruttamento economico.

Ad esempio, due specie di rane australiane del genere Rheobatrachus, che incubavano i propri piccoli nello stomaco, secernevano una proteina che inibiva la produzione di succhi gastrici che poteva risultare utile per lo sviluppo di nuovi medicinali per l'ulcera gastrica o altri disturbi. Purtroppo queste rane si sono estinte e si è conseguentemente persa la possibilità di studiare e produrre tale farmaco.

Il cambiamento climatico ha un effetto negativo sulla biodiversità. Di contro, il mantenimento di ecosistemi sani aiuta a mitigare gli effetti estremi dovuti al clima. La vegetazione nelle città protegge dall'effetto noto come isola di calore, la vegetazione costiera e le dune proteggono dagli effetti di tsunami o anche da più comuni burrasche o altri eventi climatici.

Più genericamente si può dire che la presenza di una ricca varietà di specie in un ambiente ne aumenta la sua resilienza, ossia la sua capacità di tornare "a posto" dopo avere subito uno stress.

Con la moderna agricoltura, a causa dell'uso massiccio di poche varietà standard di sementi, sta diminuendo la biodiversità alimentare


Valore della biodiversità: dal punto di vista biologico 

L'importanza della biodiversità è data principalmente dal fatto che la vita sulla Terra, compresa quella della specie umana, è possibile principalmente grazie ai cosiddetti servizi forniti dagli ecosistemi che conservano un certo livello di funzionalità.
Questi servizi sono generalmente raggruppati nei seguenti gruppi: 

  • Servizi di fornitura: ad es. cibo, acqua, foraggio, legno e fibre;
  • Servizi di regolazione: ad es. stabilizzazione del clima, assesto idrogeologico, barriera alla diffusione di patogeni e parassiti, riciclo dei rifiuti, qualità dell'acqua;
  • Servizi culturali: ad es. i valori estetici, ricreativi e spirituali;
  • Servizi di supporto: ad es. formazione di suolo, fotosintesi, riciclo dei nutrienti.

La visione moderna del rapporto fra uomo e ambiente è quella che riconosce la diversità biologica come elemento chiave del funzionamento della Terra e l'uomo come un elemento determinante di questo sistema ecologico.

La diversità biologica, quindi, è considerata a tutti i livelli ed include non solo la varietà delle specie e sottospecie esistenti, ma anche la diversità genetica e la diversità degli ecosistemi.


Tutela della biodiversità

Con l'avvento delle biotecnologie durante il secolo scorso si è fatta sempre più impellente la necessità da parte dei singoli governi e delle organizzazioni internazionali di stabilire delle norme di regolamentazione atte alla tutela della biodiversità, sia animale e sia vegetale. In particolare, la biodiversità agro-alimentare di molte culture si riteneva potenzialmente minacciata dall'irruzione incontrollata sul mercato degli organismi geneticamente modificati, per i quali la legislazione varia di paese in paese, e in alcuni casi è deregolamentata.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Science la distruzione degli habitat naturali per il loro sfruttamento agricolo ha talmente ridotto la varietà di piante e animali esistenti al punto che la biodiversità del globo è scesa sotto il "livello di guardia", con conseguenze potenzialmente disastrose per gli equilibri ambientali e per la stessa sopravvivenza dell'uomo. Secondo lo studio in oltre la metà della superficie terrestre, che ospita più del 70% della popolazione mondiale, il livello di biodiversità è talmente diminuito da minare la capacità degli ecosistemi di supportare nel futuro la vita umana.

 

Legislazione internazionale 

Gli anni novanta del secolo scorso sono stati un decennio importante dal punto di vista della tutela della Biodiversità: il decennio dell'ambiente.
Le Nazioni Unite e la Comunità europea hanno adottato diverse iniziative per la salvaguardia delle specie viventi e degli habitat naturali, anche se le basi erano state poste già a partire dai decenni precedenti; le principali iniziative internazionali a favore della biodiversità sono state:

 

  • la Convenzione di Ramsar sulle zone umide del 1971
  • la Convenzione di Washington del 1973, disciplinata in Europa dal Regolamento UE 338/97
  • la Convenzione di Barcellona del 1978, emendata nel 1995, che diventa la Convenzione per la protezione dell'ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo
  • la Convenzione di Berna del 1979
  • la Convenzione di Bonn del 1983
  • la Commissione per le risorse genetiche per il cibo e l'agricoltura del 1983
  • la Convenzione sulla diversità biologica del 1992
  • la Direttiva Habitat 92/43/CEE del 1992
  • il Protocollo di Cartagena del 2003

La normativa europea non vieta accordi che limitano la facoltà degli agricoltori di incrociare tra loro e selezionare diverse specie di sementi e di piante, tali da aumentarne la biodiversità.


La Convenzione sulla Diversità Biologica

Nell'ambito dei trattati sviluppati dalle Nazioni Unite esiste anche la Convenzione sulla Diversità Biologica, o CBD, adottata a Nairobi, Kenya, il 22 maggio 1992 e che è stata ratificata ad oggi da 192 paesi; successivamente è stata aperta alla firma dei paesi durante il Summit Mondiale dei Capi di Stato tenutosi a Rio de Janeiro nel giugno 1992 insieme alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ed alla Convenzione contro la Desertificazione, per questo denominate le tre Convenzioni di Rio.


Legislazione italiana
 

L'Italia ha ratificato la Convenzione sulla Biodiversità con la legge 124/1994. Nel 2010 è stata adottata la Strategia Nazionale per la Biodiversità. 

Definizione di biodiversità secondo la Strategia Nazionale per la Biodiversità 2010 

È sinonimo di "diversità biologica". Per biodiversità di un determinato ambiente, in particolare, si intende la varietà di organismi viventi in esso presenti, attualmente minacciata dal progressivo aumento dei fattori inquinanti e dalla riduzione degli habitat. La biodiversità può essere descritta in termini di geni, specie od ecosistemi. Lo sviluppo sostenibile dipende anche dalla comprensione, protezione e conservazione degli innumerevoli ecosistemi interattivi del pianeta.


Misurazione della Biodiversità

Il modo più semplice di misurare la biodiversità di un collettivo è quello di contare il numero delle modalità, ovvero delle specie presenti in una comunità ecologica.

La frequenza relativa può essere intesa come il peso, l'importanza, la rilevanza che ha la modalità all'interno del collettivo. È facile capire che anche le frequenze relative oltre al numero delle modalità, concorrono a definire il grado della diversità. A titolo di esempio consideriamo, infatti, due collettivi: siano essi due classi scolastiche o due gruppi sperimentali sui quali si vuole verificare l'efficacia di un processo formativo.

Assumiamo che i due collettivi abbiano lo stesso numero di modalità. Supponiamo che il primo collettivo abbia lo stesso numero di unità per ciascuna modalità, mentre nel secondo il 90% delle unità ha una sola modalità mentre il restante 10% si distribuisce tra le rimanenti modalità. È spontaneo attribuire un maggior grado di diversità al primo collettivo. In quanto, sebbene il numero delle modalità è per entrambi i casi identico, nel secondo esempio si registra una più elevata omogeneità del collettivo potendo registrare una modalità fortemente prevalente rispetto a tutte le altre che, nel nostro contesto, risultano irrilevanti. Si intuisce, quindi, che una misura della biodiversità deve anche tener conto del livello della irrilevanza delle modalità; nel senso che maggiore saranno le modalità irrilevanti minore sarà la biodiversità a parità del numero di modalità.

Il più semplice indice di biodiversità è l'indice di ricchezza che opera un semplice conteggio del numero delle specie presenti. Alcuni indici di biodiversità, che invece tengono conto anche del numero di unità presenti per ogni specie sono l'indice di Shannon-Wiener e quello di Simpson. Il principale limite di queste misure è che, in determinate circostanze, possono dar luogo ad ordinamenti diversi sulla base della diversità.

Da un punto di vista della misura possiamo dire che la biodiversità è un fenomeno multivariato. Si rende necessario, quindi, qualora fosse possibile, trovare una misura sintetica della biodiversità che tenga conto dei suoi molteplici aspetti. Patil e Taillie (1979, 1982), in ambito biologico hanno introdotto il profilo di diversità, che oltre a tener conto di tutte le sfaccettature con cui si vuole interpretare la biodiversità, permette il confronto grafico tra più comunità ecologiche.
Il profilo di diversità è un funzione che dipende dalla distribuzione delle specie all'interno di un collettivo e da un parametro ß. Al variare di questo parametro la funzione si trasforma negli indici di diversità più noti: per ß=-1 si ottiene l'indice di ricchezza, per ß=0 l'indice di Shannon e per ß=1 l'indice di Simpson. In tal modo si riescono a considerare contemporaneamente i tre indici e, tramite il confronto grafico delle funzioni che esprimono la biodiversità delle varie comunità, si può stabilire quale è più "diversa" delle altre.

Dal momento che il profilo di diversità è una funzione, ulteriori studi ed approfondimenti in campo statistico hanno portato a considerare l'approccio funzionale. A tal proposito sono stati introdotti in dottrina alcuni strumenti funzionali per risolvere alcuni limiti classici dovuti alla sovrapposizione dei profili, che come noto genera difficoltà nello stabilire quale comunità presenti maggiore biodiversità.


La Convenzione di Ramsar

E' ufficialmente Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale è un atto firmato a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971 da un gruppo di Governi, istituzioni scientifiche e organizzazioni internazionali partecipanti alla Conferenza internazionale sulle zone umide e gli uccelli acquatici, promossa dall'Ufficio Internazionale per le Ricerche sulle Zone Umide e sugli Uccelli Acquatici, con la collaborazione dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e del Consiglio Internazionale per la protezione degli uccelli.

La Convenzione di Ramsar è il primo vero trattato intergovernativo con scopo globale, nella sua accezione più moderna, riguardante la conservazione e la gestione degli ecosisteminaturali. Se la confrontiamo con le più moderne convenzioni, le indicazioni di Ramsar sono molto precise ma spesso di limitato impatto in quanto si riferiscono a siti specifici.

La Convenzione nasce in un periodo storico in cui lo scambio di informazioni e delle conoscenze non era semplice ed incentivato come ora. Fare parte della Convenzione voleva dire entrare ufficialmente in un dibattito internazionale dove potere imparare dagli altri oltre che influenzare le politiche ambientali, per lo meno quelle riguardanti le zone umide, proprie e degli altri paesi.

Con le sue decisioni, linee guida e dibattiti, la Convenzione nasce anche per rispondere all'esigenza di invertire il processo di trasformazione e distruzione delle zone umide quali ambienti primari per la vita degli uccelli acquatici, che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso diversi Stati e Continenti per raggiungere ad ogni stagione i differenti siti di nidificazione, sosta e svernamento.

Lo stesso nome del trattato riflette questa enfasi originale sulla conservazione degli uccelli acquatici; anche se l'accezione di uso saggio, iniziava già in qualche modo il dibattito sullo sviluppo sostenibile.

Con il passare del tempo, e con l'aumentare dei trattati internazionali per la conservazione della natura, la Convenzione ha cercato di allargare i suoi obiettivi su tutti gli aspetti riguardanti la conservazione e l'uso sostenibile delle zone umide. Secondo molti, però, la Convenzione non è mai riuscita ad acquisire la forza e le capacità necessarie per coordinare il difficilissimo dibattito internazionale riguardante alcuni aspetti della gestione dell'acqua, per i quali altri movimenti internazionali si sono iniziati.

Nel 1997 viene istituita la giornata mondiale delle zone umide per aumentare la consapevolezza sul valore delle zone umide per l'umanità e il pianeta.

Dall'ultimo aggiornamento stilato il 20 maggio 2010 risulta che hanno aderito alla Convenzione 159 paesi e che il relativo elenco comprende 1.889 siti per una superficie totale di 185.437.001 ettari. L'Italia è presente con 52 siti individuati ed una superficie totale di 60.223 ettari.


Zone umide

Ai sensi della presente Convenzione si intendono per zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbiere oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri. Ai sensi della presente convenzione si intendono per uccelli acquatici gli uccelli ecologicamente dipendenti dalle zone umide.

  • Dichiarazione introduttiva della Convenzione
    Le parti contraenti, riconoscendo l'interdipendenza tra l'uomo ed il suo ambiente, considerando le funzioni ecologiche fondamentali delle zone umide come regolatori del regime delle acque e come habitat di una flora e di una fauna caratteristiche e, in particolare di uccelli acquatici; convinti che le zone umide costituiscono una risorsa di grande valore economico, culturale, scientifico e ricreativo, la cui perdita sarebbe irreparabile; desiderando arrestare ora e per l'avvenire la progressiva invasione da parte dell'uomo e la scomparsa delle zone umide; riconoscendo che gli uccelli acquatici, nel periodo delle migrazioni stagionali, possono attraversare le frontiere così da dover essere considerati come risorsa internazionale; essendo persuasi che la tutela delle zone umide, della loro flora e fauna può essere assicurata mediante l'unione di una politica nazionale lungimirante con una azione internazionale coordinata; hanno convenuto quanto segue:

  • I provvedimenti della Convenzione
    La Convenzione di Ramsar, ad oggi sottoscritta da più di centocinquanta Paesi e con quasi 2000 zone umide individuate nel mondo, rappresenta ancora l'unico trattato internazionale moderno per la tutela delle zone umide, sostenendo i principi dello sviluppo sostenibile, con il termine uso saggio (inglese wise use), e della conservazione delle biodiversità.

La nomina di siti di importanza internazionale secondo la Convenzione rappresenta un'opportunità per un paese di far conoscere le proprie zone umide e le proprie politiche di gestione a livello internazionale, molti paesi in via di sviluppo sono inoltre riusciti ad attirare investimenti per la conservazione e lo sviluppo di zone Ramsar da parte di agenzie di cooperazione internazionale.

Le Parti della Convenzione sono chiamate a 4 principali impegni:

  1. Lista dei siti: le Parti devono:

    • designare almeno un sito per l'inclusione nella "lista delle zone umide di importanza internazionale",
    • promuovere la sua conservazione e, quando possibile, l'uso prudente. I criteri di selezione per l'inclusione di siti nella lista di Ramsar sono basati su parametri ecologici, botanici, zoologici, limnologici e/o idrologici. La Conferenza delle Parti ha adottato dei criteri specifici per la selezione dei siti.

  2. Uso prudente: le Parti della Convenzione hanno l'obbligo di:

    • includere azioni specifiche per la conservazione delle zone umide nello sviluppo dei piani di uso del suolo,
    • formulare e realizzare i piani per promuovere l'uso prudente delle zone umide nei loro territori. Si deve notare che la Convenzione stessa dichiara che wise use (qui tradotto come uso prudente) è da interpretarsi come sinonimo di uso sostenibile.

  3. Riserve e formazione: le Parti si impegnano a:
    • istituire riserve naturali in zone umide (che siano o no incluse nella lista di Ramsar),
    • promuovere attività di formazione specifica in campi di ricerca, gestione e sorveglianza inerenti alle zone umide.

  4. Cooperazione internazionale: le Parti si impegnano a:
    • consultarsi con altre Parti su problemi inerenti alla messa in opera della Convenzione, specialmente riguardo alle zone umide transfrontaliere, sistemi acquiferi condivisi, specie comuni.

Con il passare del tempo, la Conferenza delle Parti ha prodotto delle linee guida per ognuno dei punti qui sopra indicate che sono state pubblicate nella serie dei Manuali Ramsar.

La Conferenza delle Parti e il Segretariato di Ramsar sono molto attivi, la Convenzione di Ramsar è una convenzione molto importante in quanto ha un contatto diretto con il campo.

Il focus della convenzione è quello di proteggere aree e molto del lavoro scientifico, amministrativo e politico della commissione viene fatto in supporto di chi materialmente gestisce i siti Ramsar. Esiste un contatto diretto tra la convenzione e il campo, un contatto che è spesso assente in altre convenzioni.


Isola di calore

In meteorologia e climatologia l'isola di calore è il fenomeno che determina un microclima più caldo all'interno delle aree urbane cittadine, rispetto alle circostanti zone periferiche e rurali.
Il maggior accumulo di calore è determinato da una serie di concause, in interazione tra loro, tra le quali sono da annoverare la diffusa cementificazione, le superfici asfaltate che prevalgono nettamente rispetto alle aree verdi, le emissioni degli autoveicoli, degli impianti industriali e dei sistemi di riscaldamento e di aria condizionata ad uso domestico.
Al contempo, le mura perimetrali degli edifici cittadini impediscono al vento di soffiare con la medesima intensità che viene registrata nelle aree aperte fuori della città: gli effetti eolici possono essere inferiori fino al 30% rispetto alle aree rurali limitrofe, limitando così il ricircolo di aria al suolo e il relativo effetto refrigerante durante la stagione estiva. Nelle zone urbane, inoltre, il rapporto tra superfici orizzontali e superfici verticali è più basso, ciò inibisce la dispersione di calore tramite irraggiamento termico.

Generalmente, l'effetto isola di calore è direttamente proporzionale all'estensione dell'area urbana, tanto da poter creare condizioni che portano a rilevare temperature mediamente superiori tra gli 0,5 e i 3 °C rispetto alle campagne limitrofe. L'aumento delle temperature riguarda sia le minime invernali, che le massime estive; mentre nel primo caso la conseguenza è un minor numero di giorni di gelo e/o di ghiaccio, nel secondo caso può determinarsi una maggiore intensità delle onde di calore.